Come funziona la pellettatura?

Set 30, 2024 | Macchinari, Produzione

La sezione di estrusione è essenzialmente composta dalla pressa pellettatrice che tramite la sola azione meccanica ‘trasforma’ il prodotto da segatura a pellet,. L’addensamento è ottenuto grazie alla schiacciamento dei rulli pressatori sulla filiera, ottenendo pertanto i pellets a temperatura di circa 80-90°C.  Prima della pellettatrice vi è un mescolatore veloce che ha la funzione di omogeneizzare il materiale e permettere l’aggiunta di una piccola quantità d’acqua. Il pellet estruso viene tagliato poi da dei coltelli.

Il processo di pelletatura si basa essenzialmente su due differenti azioni: una prettamente fisica in cui vengono eliminati i vuoti e le zone cavernosa dei materiali sfusi, ed un’azione fisico-chimica che in funzione dell’attrito sviluppato nell’estrusione si  manifesta un’elevata temperatura indotta dalle elevate pressioni esercitate sul legno e si determinano fenomeni di parziale fluidificazione e polimerizzazione delle lignina.

La lignina è un polimero organico naturale presente nel legno, ha la capacità di legare tra loro le fibre e conferire quindi compattezza e resistenza alla pianta. Il pellet è un materiale omogeneo per caratteristiche dimensionali ed energetiche e tale da consentire una regolazione precisa della caldaia; il comportamento del pellet è del tutto similare a quello di un combustibile ‘liquido’

Il pellet  è CO2 neutro, in quanto è un combustibile rinnovabile e libera tanta anidride carbonica quanta la pianta ne ha assorbito dall’ambiente con la fotosintesi. La densità energetica del pellet, a fronte della pressatura, risulta essere circa del doppio rispetto a quella del legno. La pellettatura utilizza esclusivamente le elevate pressioni di estrusione ed il legante del processo è il contenuto di lignina presenta nel legno.

 

La foratura

Evidenziamo sommariamente le caratteristiche della foratura della filera di estrusione.Dettagli foratura pellettatura

  • F = Diametro di foratura. La dimensione del foro   cilindrico è quella che determina anche la dimensione del pellet prodotto dalla trafila.
  • T = Spessore della trafila. Varia a seconda del tipo di macchina e soprattutto in base al prodotto da pellettare. Nelle trafile denominate a foro passante, ossia senza alcun tipo di contro-foro, corrisponde anche al valore della compressione netta.
  • D = Profondità del controforo (o scarico libero del pellet). Indica la differenza tra lo spessore totale della trafila e la sua compressione netta. Si deve indicare sempre nei casi in cui la trafila presenta un controforo, cilindrico oppure conico a conicità fissa tipo 1:20.
  • C = Compressione netta della trafila. Legata intimamente al diametro di foratura, è funzione del tipo di prodotto da pellettare. Per definizione comprende anche il cono di ingresso e corrisponde alla parte cilindrica del foro, zona nella quale il prodotto si comprime per formare il pellet. Nelle trafile denominate a foro passante, cioè senza contro-foro, corrisponde anche al valore dello spessore totale della trafila stessa.
  • G = Diametro di base del controforo. Ininfluente ai fini produttivi, si indica solo per il corretto dimensionamento in fase di progetto della trafila. In presenza di trafile a contro-foratura cilindrica, peraltro ormai sempre più rare poiché sorpassate, corrisponde al diametro del contro-foro stesso.
  • P= Profondità del cono di ingresso (o svasatura). Salvo rare eccezioni, nella maggior parte dei casi è dell’ordine di alcuni millimetri. mentre l’angolo dell’imbuto è sempre di 60°.

 I parametri fondamentali della trafila sono essenzialmente il diametro del foro e la lunghezza del tratto cilindrico di compressione.

 

 

Processo di pellettatura

Il processo di pellettatura è qualcosa di abbastanza complesso. Benché la tecnologia correlata sia già stata utilizzata da anni in altri settori, la sostanza in lavorazione risulta nel complesso molto difficile da trattare. Questo perché risulta priva di particolari sostanze leganti ed allo stesso tempo eterogenea. La formatura del pellet di legno obbliga all’apprendimento di una sorta di “piccola laurea” in materia di umidità, tipologia di materia prima e quindi di scelta finale del tipo di impianto da adottare. L’errore più comune di chi vuole iniziare questa attività produttiva, prescindendo dai costi iniziali di installazione, è quello di pensare ad un impianto supertecnologico, superautomatico al 100%, che si avvia con la pressione di un pulsante da un quadro comandi generale. Nonostante gli automatismi siano di grande aiuto in ogni installazione si ritorna sempre per realizzare che la segatura è un materiale eterogeneo per granulometria ed umidità assoluta, mentre il processo di estrusione della stessa richiede il rispetto di parametri ben specifici e margini di errore molto ristretti.

Sicuramente è di grande importanza che il legno sia vergine e ricco di lignina: è infatti proprio quest’ultima la “colla” naturale di madre natura che gioca un ruolo fondamentale nel processo di estrusione del pellet; di certo la lignina del legno non è disponibile in forma liquida ma intrecciata tra le fibre di cellulosa in quantità (inoltre) differenti a seconda del tipo di legno. Saper approfittare di questo elemento costituisce proprio il punto critico dell’intero processo ed è tutt’altro che semplice; le presse pellettatrici preposte al compito vengono sottoposte a stress meccanici assolutamente incredibili poiché devono generare pressioni ed attriti che obbligano a lavorare sempre al limite della resistenza dei metalli più duri.
A conferma di tutto ciò è sufficiente pensare che il pellet appena estruso ha temperature prossime ai 80-90 C° e deve quindi necessariamente essere raffreddato per raggiungere la stabilizzazione; solo così si può affermare di avere prodotto del buon pellet attraverso un processo quasi definibile di termoformatura.